Viva l’Italia antifascista.

Viva l’Italia antifascista, ci teniamo a dirlo chiaro!

Viva l’Italia antifascista!

Dalle macerie, dalle ceneri e dal sangue della seconda guerra mondiale è nata (rinata) l’Italia di oggi.

Un Italia antifascista!

Viva!

Ma l’Italia non era fascista?
Certo!

L’ideologia fascista è nata e si è sviluppata nell’Italia dei primi del novecento, come riporta Wikipedia:

Il fascismo fu il movimento politico d’estrema destra che, fondato da Benito Mussolini, prese il potere in Italia e governò il Paese come regime totalitario dal 1922 al 1943 (ventennio fascista).

Si caratterizzò fin dall’inizio per il ricorso alla violenza come metodo di lotta politica (squadrismo), per l’ostilità alla democrazia e alle sue istituzioni.

Entrò in parlamento nel 1921 in coalizione con nazionalisti e liberali e si costituì in Partito Nazionale Fascista (PNF).

Dopo la presa del potere con la marcia su Roma si fuse con il movimento nazionalista e si assicurò la vittoria alle elezioni del 1924, che fecero emergere le componenti più intransigenti del fascismo, trainando l’Italia verso il regime dittatoriale a partito unico (Stato fascista), che esautorava di fatto la monarchia.

Stemma casa Savoia -Di Katepanomegas, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12380155

Dopo la promulgazione delle leggi razziali ed il tragico periodo della RSI, alla fine del secondo conflitto mondiale l’esperienza dello Stato fascista si estinse e fu ripudiata dalla Costituzione repubblicana, che assunse carattere antifascista e vietò la ricostituzione del partito alla XII disposizione transitoria e finale, che recita all’inizio: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.”

Con la Costituzione

Con la Costituzione della repubblica Italiana venne definito il delitto di Apologia del fascismo

Legge 20 giugno 1952, n. 645 che disponeva all’artico 4 pene reclusive e pecuniarie.

Più volte rivista ed edulcorata da numerose sentenze emesse dalla corte costituzionale.

Comunque non si può inneggiare a quell’Italia lì, speriamo seppellita dalla storia.

Eppure l’11 Dicembre 2023, alla prima de la scala di Milano, dopo l’inno nazionale, un loggionista, tale Marco Vizzardelli ha sentito l’impeto di gridare “Viva l’Italia antifascista” e per questo è stato identificato dalla DIGOS, come di solito la DIGOS fa per agitatori o possibili criminali.

Ci dispiace noi del blog di Bucine siamo pacifisti e stiamo con Vizzardelli gridando a squarciagola

VIVA L’ITALIA ANTIFASCISTA

ora e sempre.


Giancarlo

Il femminicidio e la violenza di genere

Il femminicidio è tornato alla ribalta con gli ultimi casi (oggi si parla di Giulia) ma penso non sarà l’ultimo caso. Penso anche che neppure che il problema sia tornato veramente alla ribalta, ne son morte tante che notizia sarà che ne è stata uccisa una in più? Mi vergogno solo a pensarla questa frase oscena, una in più… una in più?

Possibile che il maschio italiano non sia capace di accettare di essere lasciato o rifiutato?

Che non riesca a metabolizzare il lutto del suo fallimento?
Ma forse non si tratta di fallimento, il problema deve essere diverso, deve essere di proprietà.
Cosa cambia dopo che una donna si concede al maschio, dopo che una si lega a lui mettendosi insieme? Che fa si che lei non possa più cambiare idea e non possa decidere di non concedersi più, di sciogliere la relazione ed allontanarsi, riprendersi ciò che aveva dato…? Il problema si avverte già dalle parole che si usano per descrivere una relazione tra due persone. Concedersi, legarsi. Ti concedi e non sei più padrona di te stessa, sei schiava dell’altro, d’altronde se ti sei legata come puoi allontanarti? Quindi non puoi più cambiare idea, recedere.

Deve essere un problema culturale, la donna che si relaziona con te diventa tua e da allora decidi tu, su tutto.

Il problema non è il fallimento della relazione, dicevo, è la decisione unilaterale della donna di non continuarla, di non riconoscerla più, di aver cambiato idea. Quindi è il volersi riprendere il bene (inteso come corpo e mente) che aveva ceduto e che l’altro considerava ormai di sua esclusiva proprietà. Se rivuoi la tua libertà devi pagarla (botte e sangue).

Il femminicidio è anche un problema di ignoranza.


La scuola non ci insegna niente.

Gli amici men che meno, anzi semmai fanno dei danni concettuali seri.

La famiglia oltreché impreparata per le stesse ragioni di cui sopra, spesso non ha neppure la possibilità di dare il buon esempio perché e il luogo dove molti femminicidi e la maggior parte se non la quasi totalità della violenza di genere si genera e si sviluppa.

Le istituzioni (oltre alla scuola) sono assenti o inesistenti.

La chiesa è meglio non invocarla nemmeno, persa com’è nei suoi problemi di pedofilia.
Chi potrebbe evitare il ripetersi di queste cose?
Nessuno.
Qualcuno chiede o promette pene maggiori, ma per cosa, se non servono quelle che già ci sono, figuriamoci altre inventate sull’onda della pressione emotiva.

L’unica cosa che possiamo fare è dare aiuto (lo stato) e comprensione (la gente) a chi denuncia le violenze, che non precedono sempre il femminicidio, ma che molte volte portano a quello.

Poi individualmente dobbiamo essere meno indulgenti nei confronti dei violenti e per nulla nei confronti degli assassini, che pure tendiamo sempre in qualche modo a giustificare.

Ma queste sono utopie.

Non cambierà niente.

Continueremo, il giorno dopo, a sdegnarci pur sotto sotto pensando che se l’è cercata lei.

Giancarlo

Immagine di copertina:
VI – 2020 – Giancarlo Arrigucci – Uomo e donna – Acquerello su carta (46x31cm)

Non possiamo tacere

Non possiamo tacere.

Il governo Israeliano ha scelto la guerra.

Guerra a Gaza ed a tutta la Palestina per rispondere ad un tremendo atto terroristico di Hamas.

Questo blog è stato sempre, da sempre e sarà per sempre una voce contro la guerra (per altri articoli fate una ricerca nel blog).
La guerra non si deve e non si può fare e certamente mai in risposta ad atti terroristi coinvolgendo nella responsabilità di quegli atti intere popolazioni.
Sono momenti bui per l’umanità con tante guerre in corso nel mondo non si sentiva certamente il bisogno di questa ennesima ripicca tra bambini.

Cosa devono fare, anzi cosa dovevano fare i palestinesi per non essere attaccati? Per non subire lo sterminio israeliano?

Direte che non dovevano dare il sostegno ad Hamas, ma chi ha veramente sostenuto economicamente quell’organizzazione? Chi l’ha voluta per contrapporsi all’Autorità Nazionale Palestinese? Chi cercava un casus belli per rientrare e, come stiamo vedendo, distruggere tutta la striscia di Gaza? Come ha protervamente affermato l’ex ambasciatore di Israele a Roma.

Il diplomatico ha anche aggiunto che ogni persona che minaccia un ebreo, che vuole uccidere un ebreo deve morire. Cioè occhio per occhio, dente per dente, ma come puoi bombardare Gaza con una scusa così? L’intero popolo palestinese ha partecipato alle recenti azioni di Hamas? Come possiamo fare una rappresaglia contro un popolo intero?

NON SI PUÒ!

XXIV – 2015 – Giancarlo Arrigucci – Contro la guerra contro la Libia – Acrilico su tela  (cm 60 x 60)


La guerra è ingiustificabile.
La guerra è inaccettabile.
La guerra come rappresaglia verso civili inermi ed incolpevoli è un genocidio, un massacro che va punito come tutti i crimini di guerra, anzi come tutti i crimini.
Chi lo sta perpetrando si sta macchiando di un’infamia che non basteranno generazioni per cancellarla.
Nel nostro piccolo non possiamo fare altro che denunciare questo crimine e chiederne la condanna per gli autori non appena possibile.
Piangiamo il dolore dei morti e soprattutto dei loro sopravvissuti, piangiamo il dolore dei feriti, degli orfani e dei genitori dei bambini morti.
Li piangiamo con lo stesso dolore dei caduti israeliani per mano di Hamas.

Non possiamo tacere

Riteniamo i responsabili delle due azioni parimenti criminali indegni di appartenere al genere umano.


Giancarlo

Immagine di copertina:

CXCV – 2023 – Giancarlo Arrigucci – Polli del Valdarno – Olio su tela – 50x50cm

Italia

Italia. Povera Italia, vilipesa e calpestata, povera.

Eri bella ed andavi fiera di te nella tua gioventù, ma oggi, china sul peso degli anni, abbassi la testa sommessa abbruttendoti vieppiù.

Italia hai accarezzato un sogno, un grande sogno: di poter vivere bene nella più beata ignoranza.
Bulimica ti sei ingrassata nell’ignoranza.

Ma se prima eri bella e in carne, come tutte le giovani sane, ora sei magra, smagrita dalla bulimia di chi ti circonda e ti guida. Dissanguata ed anemica non ti reggi più in piedi.
Come un malato terminale sei irriconoscibile, barcolli leggera senza sostanza.

Ah, povera! Povera Italia.

Potresti essere ricca, colta, artistica, vivere senza dover lavorare; o almeno senza dover lavorare come un manovale ma ti hanno resa schiava in casa tua. Devi obbedire a questo ed a quello, ma mai puoi permetterti di decidere qualcosa, peggio… di chiedere qualcosa, nemmeno quello che è tuo.

Almeno vivi in un posto meraviglioso, magra consolazione: la prigione è brutta perché ti toglie la libertà, non migliora se ti ci mettono un divano ed una televisione a schermo piatto, la stessa TV che contribuisce a tenere chiusa la porta della cella.

Ma è una prigione che ti sei cercata, come dicono certi “politici” nostrani, volevi accarezzare il lupo che poi ti ha morso. Poi che il lupo fosse camuffato da e lo chiamino ancora agnello non importa a nessuno.

Rialza la testa

Italia, dovresti tirare su la testa.
Darti un contegno.
Dire la tua.

Soprattutto dovresti prendere il coraggio di mandarli tutti affanculo. Ribellarti, riprendere in mano la tua vita, rifarti una cultura solida.
Basta svendere i tuoi gioielli, con quelli potresti assestare le tue finanze solo facendoli vedere in giro, magari prestandoli a degli amici.
Ma i tuoi gioielli, che sono costati la vita o almeno che sono stati sudati dai tuoi antenati, devi mantenerli orgogliosamente tuoi e curarli per farli risplendere ancor di più.
Basta regalarli a quattro approfittatori mascherati da gente per bene.
Basta Italia.
E’ ora di tirare su la testa.
E’ ora di risorgere con un nuovo risorgimento.

Viva l’Italia.
Viva gli italiani onesti.

Giancarlo

Immagine di copertina

CLXIX – 2023 – Giancarlo Arrigucci – Cortona 2 – Acquerello su carta – formato A4 circa

Illustrazione

XII – 2023 – Giancarlo Arrigucci – Paesaggio V – Olio su legno – 20×15

Mario?

Mario? Come ti permetti?
Ma tu Mario, chi sei?
Con quale diritto vuoi farci entrare in guerra?
Ma come si fa?
Ma come si fa, dico io?

Come si fa ad avere idee così ottuse?
“Saremo con l’Ucraina fino alla fine, fino alla vittoria finale”.

Ma lo sai, Mario, cosa significa?
Vuol dire che non cercheremo mai il compromesso, la tregua, il cessate il fuoco.

Che sono gli unici modi per far cessare una guerra.
Sia una guerra giusta (ammesso che ce ne sia una) che una ingiusta.

Se si foraggiano armi, sempre di più, sempre più potenti si alimenta il conflitto.
Ma se si usano tutte la possibilità diplomatiche di convinzione e di coercizione si può cercare la pace.
In una pace si vince in due, anche il più svantaggiato, con la vittoria finale vince uno solo e se uno dei due contendenti possiede armi nucleari probabilmente perdiamo tutti.

I fatti, Mario? A volte si confondono

XXIV – 2015 – Giancarlo Arrigucci – Contro la guerra contro la Libia – Acrilico su tela  (cm 60 x 60)

Certo quando l’aggressore erano gli statunitensi, in Bosnia, in Libia, in Iraq, in Afganistan le armi le mandavamo all’aggressore, ora all’aggredito.
Potrebbe essere un tardivo ravvedimento, se non ci fossero altre centinaia di guerre nel mondo per le quali semplicemente ce ne freghiamo sia dell’aggredito che dell’aggressore; a meno che non ci sia la possibilità di vendergli illegalmente armi allora si traffica senza neppure chiederci chi sia dei due quello con cui facciamo affari.
Allora, caro Mario la tua idea di giustizia e di partecipazione fa schifo, è cieca e sorda ed è complice della morte.
La morte di tanti giovani Ucraini e Russi e dandoti ascolto lo sarà anche di giovani europei, complice anche le idee di Jens, quello le cui idee sono sponsorizzate direttamente dai produttori di armi mondiali.

Quello forse, cui vorresti fottere il posto.
Mario, sei vecchio; di vecchi ne muoiono tanti, sicuramente anche oggi è morto qualcuno, che nessuno rimpiangerà. Sei vecchio, lascia perdere queste faccende e dedicati ai nipoti se ne hai. Se non ne hai lascia vivere i giovani, fagli avere i loro nipoti, faglieli accudire, coccolare e viziare.
Potresti farlo cercando la pace: difficile ma possibile.
Potresti farlo non mandando a morire in guerra i giovani europei.

Potresti fare del tuo meglio per non coinvolgerli, loro malgrado, in una guerra mondiale che che solo i vecchi rincoglioniti vorrebbero vedere, perché le loro menti non riescono più ad elaborare idee giuste.

Noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di farlo denunciando le assurdità che hai pensato e pronunciato.

Noi cerchiamo la pace, tu vuoi la guerra?

Giancarlo

Andate alla home page del blog e digitate Guerra o Pace nel motore di ricerca evedrete quante volte ci siamo occupati dell’argomento, purtroppo sempre inascoltati.

Immagine di copertina:
VII – 2015 – Giancarlo Arrigucci – Acquerello  (cm 21 x 29,5)

Sergio? Oh Sergio.

Sergio, ma se non la conosci te la nostra Costituzione? Tu che ci hai giurato sopra. Tu che per due volte sei stato incaricato difenderla. Chi dovrebbe meglio di te?


Però, considerando le tue parole durante le ultime uscite pubbliche e tenendo presenti le leggi che hai controfirmato sin qui, mi dispiace doverti redarguire, ma non mi pare tu la conosca molto bene.
O almeno, su alcuni punti mi sembri molto distratto.
Quasi evasivo.

Come se non comprendessi bene il senso delle parole scritte nella nostra Carta.
Eppure chi le vergò, dopo il bagno di sangue del secondo conflitto mondiale, fu ben attento ad evitare fraintendimenti.

Sergio, specialmente all’articolo 11, quello che oggi mi sta a cuore discutere con te, il suo testo non si può fraintendere:


L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.


Non mi pare tu lo stia difendendo, Sergio.
Ma quando giurasti da presidente l’ultima volta a cosa pensavi?

Sergio

Cosa ci hai letto diversamente da me?

“La pace deve ripristinare la giustizia ed il diritto internazionale. Non deve essere una resa.” Hai detto!

Quando hai controfirmato l’invio di armi a quale pace pensavi?
La pace non si fa con le armi, la pace si fa facendo tacere le armi.

Il primo passo per la pace è il cessate il fuoco, che non si fa sparando e bombardando, oppure hai un’altra idea?
La resa è di uno dei contendenti, quando perde, come la vittoria è dell’altro.
Un accordo di pace non ha vinti ne vincitori soprattutto interrompe morti e distruzioni.
Non vorrai mica avere sulla coscienza altri morti ed altre distruzioni?
Io no!

Io ho tre figli, sono italiano, cittadino italiano, cittadino del mondo e pretendo che il presidente della Repubblica Italiana tuteli il mio status e quello dei miei figli, ripudiando la guerra e cercando un altro modo per risolvere il conflitto tra Russia ed Ucraina.
Voglio che si impegni attivamente per questi scopi, Sergio sei tu che devi fare questo, sei in carica apposta, e non dia l’assenso ad altri invii di armamenti, Sergio è ora di smetterla, che rispetti il dettato costituzionale e lo difenda dai sovversivi che vogliono stravolgerlo e non tenerne conto, >srgio non so se sono stato chiaro.

Chissà?

Sergio? Caro Sergio! Devi fare ammenda, tornare sui tuoi passi, non avallare più scelte scellerate di uomini folli che foraggiano la guerra e pretendere immediatamente un cessate il fuoco ed una mediazione di pace.

Ma forse, anche se lo farai, sarà già tardi e non so se l’Italia riuscirà a perdonare il tuo tradimento, comunque provaci.
La storia sicuramente NO. Non dimenticherà e non perdonerà.

Io neppure.

Con amarezza.

Giancarlo

Lui non mi avrebbe deluso mai.

Immagini:
Di Quirinale.it, Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=130119373

Fotografia ufficiale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Primo piano di Sandro Pertini, Presidente della Repubblica dal 1978 al 1985.

Il senso

Il senso, della vita, il senso dell’arte, il senso delle cose.

La vita ha un senso? No!

L’arte ha un senso? Boh!

Le cose hanno un senso? In che senso?

Cominciamo dalle cose.
Per capire quale sia il loro senso, la loro ragione di esistere, dobbiamo prima specificare quali cose.

E’ chiaro, fin dal nome, che il senso di un cavatappi sia “cavare” il tappo o di un apri-bottiglia aprire la stessa e via discorrendo, insomma tutti gli oggetti creati dall’uomo hanno uno scopo, proprio quello, servono a quello, sono stati ideati e realizzati per quello. Ciò non toglie che possano servire ad altro, come una cinghia può uccidere un uomo se con essa si impicchi o venga impiccato.

Un oggetto artificiale ha di certo almeno uno scopo.

L’arte ha uno scopo?


Prima ho risposto: boh??? Nel senso che non è detto che sia chiaro, ne dichiarato, comunque è possibile che abbia diversi scopi a seconda dei punti di vista.
Lo scopo dell’artista nel fare arte può essere egoista (ottenerne soldi, fama, riconoscibilità, prestigio, ecc.) può essere parimenti altruista (dilettare i fruitori, educarli, riportare le gesta di altre persone o eroi o le loro idee, ecc.).
Si può fare arte anche per riprodurre o creare il bello, per provare e far provare piacere nel guardarlo , toccarlo o d ascoltarlo; ma si può anche essere artisti per disturbi mentali, psichiatrici o a nostra insaputa ma su questi ultimi aspetti essendo inconsapevoli non userei il termine “fare arte” altrimenti anche il maiale pittore farebbe arte ed anche i commensali di un’ultima cena lascerebbero un capolavoro su tela invece della tovaglia unta da lavare il giorno dopo.

Ma sull’arte ci ritorneremo.

Ha senso la vita?

No, non lo ha e qui sono sicuro e fermo.
La vita non può averlo perché non è progettata ne costruita a tavolino.

La vita è un “caso”.

La coscienza di se e della propria vita è ancor più casuale: possiamo essere vivi e non aver coscienza di noi, raramente per fortuna.
Ma cosa ci porta a pensarci a pensare a ciò che siamo?

Purtroppo per chi ha idee “elevate” è un “semplice” meccanismo neuro-chimico, sostenuto dal nostro corpo vivente che una volta morto (il corpo) sparirà con esso e noi non avremo più alcuna consapevolezza di noi, ne della nostra (passata) esistenza.

Naturalmente uno scopo possiamo darlo alla nostra vita, acciderba, essendo esseri senzienti dobbiamo darglielo è un nostro privilegio.

Molti passano la vita a vivere ed è già qualcosa.
Altri aiutano altri, disinteressatamente o meno, ma dedicano la loro vita a questo.
Altri ancora pensano solo a se stessi, ma non è sempre negativo, c’è chi vuole migliorarsi per stare meglio con gli altri, anche se c’è chi degli altri “non gliene può fregà de meno” e vuole solo soggiogarli, sottometterli, sopraffarli e tutti i verbi complementari o sinonimi.

Allora se il senso te lo devi dare tu, come può la vita avere un senso predefinito. Lasciamo perdere il discorso. E’ tempo perso e fiato sprecato.

Torniamo all’arte.

Ha un senso l’arte?

Di per se poco, anche se è stata sempre prodotta per raccontare e veicolare idee, specie quando ancora i linguaggi vocali non erano sviluppati ed in seguito quando ben pochi sapevano leggere e scrivere.

Abbiamo ritrovato caverne con le parti e le volte ricoperte di graffiti, disegni e dipinti.
Abbiamo chiese ed edifici pubblici o privati ricoperti di mosaici, affreschi e dipinti e riempite di statue o moschee dipinte a motivi geometrici o votivi, abbiamo arte ovunque.

Tutto bello, stupendo, meraviglioso.

Sembra che l’arte sia nata con noi e sia arrivata fino a noi senza discontinuità con un senso per la storia ed uno per l’educazione.

Potremmo azzardare che il senso dell’arte è soddisfare il bisogno di bellezza e/o di conoscenza.

Ma non è così altrimenti non avremmo avuto un periodo come quello dell’arte moderna e contemporanea prodotta sostanzialmente nel secolo scorso.
Non avremmo avuto autori come:
Marcel Duchamp, Lucio Fontana, Mark Rothko, Yves Klein, Jackson Pollock, Cy Twombly e tanti altri.
Che non avrebbero fatto opere insignificanti come:
i “Ready made”, i tagli, i dripping ecc.

Ed anche se questi “artisti” li avessimo avuti veramente ed avessero realmente eseguito quelle porcate che ho appena iniziato ad elencare e di cui sono oramai pieni i musei, noi non li avremmo accettati, esaltati, osannati, non li avremmo certo considerati “artisti”.

Cosa hanno fatto di bello?
Cosa ci hanno insegnato?

Se l’arte avesse un senso loro non sarebbero stati chiamati “artisti” e noi non li avremmo applauditi.

Il senso all’arte dobbiamo darlo noi, proprio come alla nostra vita, ed ultimamente in questo senso abbiamo proprio “cannato”.

Il Ceppo

Il ceppo.

Era la fine di dicembre del 1970 e si abitava in campagna.

I genitori lavoravano la terra ed allevavano qualche animale; la cavalla, le capre, i maiali i polli ed i conigli, non mancavano i piccioni e qualche altro animale come il cane ed il gatto.

Si stava bene, intorno a noi c’erano solo campi e boschi.

Gli ampi campi, le prese tra i filari di viti maritate, dove era stato coltivato il grano erano spogli e già arati per far spaccare le zolle al freddo prima della prossima semina.

Si vedevano solo passerotti infreddoliti e pettirossi a cercare i semi tra le zolle od un insetto da mangiare.

Era freddo, come ancora era freddo a quei tempi, e forse erano cadute un paio di spruzzate di neve, ma era rimasto solo qualche cumulo nei posti in ombra.

Decisamente non era il caso di stare fuori, anche se si dovevano potare gli alberi, si aspettava che prima dimoiasse.

Noi ragazzi arrivavamo fino al bosco per raccogliere la legna dei rami caduti e nel frattempo raccoglievamo anche le coccole delle querce.

Le coccole sono le galle che sono causate da punture di insetti che le usano per deporre le uova o per passarci l’inverno, non si è mai saputo. Sono belle rotonde proprio come le biglie e noi le usavamo per quello, per giocarci.

Qualcuno di noi sapeva dove nascono gli ordinali e allora si andava a vedere e se c’erano e li raccoglievamo.

Se non lo sapete gli ordinali sono buonissimi, cotti in gratella con poca brace conditi con olio e sale e un po’ d’aceto. Profumano come una bistecca ma anche il sapore non è molto diverso, insomma è un po’ diverso ma non troppo. Sono buonissimi.

E’ il Ceppo

Era la fine di dicembre, come dicevo, e si tornava a casa stanchissimi.

XLIII – Paesaggio – 2018 – Giancarlo Arrigucci – Tempera grassa su cartoncino telato – (60 x 30 cm)      

La sera si doveva festeggiare il Ceppo e la settimana dopo la befana.

Il Ceppo è un grande ceppo di legno, meglio se con un bel foro al centro, che alla sera si mette nel camino prima di cena. Il Ceppo rappresenta la fine dell’anno e si consuma nel fuoco come si è consumato l’anno appena passato.

Dopo cena, quando il Ceppo è diventato rovente e sta bruciando ovunque, noi ragazzi ci mettiamo intorno al camino luce spenta come di solito si sta davanti al camino per scaldarci prima di andare a letto.

Ed è allora che ci viene chiesto di battere sul Ceppo, ma di batterci forte, più forte che possiamo. E Il Ceppo scintilla, la stanza si riempie di calovie, che volano per un po’ e poi cadono spegnendosi come il volano delle lucciole.

Mentre lo battiamo il Ceppo, oltre le scintille, fa un gran rumore bum bum, bum bum bum. Ed è allora che magicamente dal camino cadono fichi secchi, mandarini e pepini, cadono giù dal camino e non si capisce come.

Ma noi ragazzi continuiamo a battere, fino a che vengono scintille. Poi, esausti, che gioia raccogliere il bottino e far la conta, mangiare qualcosa e poi andare a letto contenti.

Che bella la fine di dicembre del 1970.

Le altre feste

Dopo il ceppo si attendeva la Befana, che forse riempiva la calza.

Dopo la Befana non ci restavano che le lucciole, che catturate e messe nel bicchiere avrebbero, immancabilmente solo dopo che ci si era addormentati, lasciato qualche monetina da 5 o dieci lire.

Poi di nuovo il Ceppo con la frutta che cadeva dovunque e noi, tutti questi prodigi, non si capiva come potessero succedere.

Giancarlo

L’orologio

Qualcuno costruì un orologio molto speciale per Carlo, orologio che aveva il potere di rallentare il tempo. Era stato creato da un orologiaio abilissimo che oltre alla speciale funzione lo aveva fatto molto elegante, con un quadrante dorato e lancette sottili.

Carlo era molto orgoglioso del suo tesoro e lo portava sempre con sé e un giorno decise di fare una passeggiata al parco per godersi il bel tempo. Mentre camminava, vide un gruppetto di bambini che stavano giocando a pallone.

Carlo si sedette su una panchina e osservò i bambini giocare, ma presto si accorse che il tempo stava passando molto velocemente. Allora decise di usare il suo orologio magico per rallentare il tempo e godersi meglio la scena.

Con un tocco della lancetta, il tempo rallentò e i bambini cominciarono a muoversi più lentamente, dando a Carlo il tempo di osservare ogni dettaglio del loro gioco. Era come se il mondo intero si fosse fermato per lui.

Carlo si divertì molto a osservare i bambini giocare e a godersi la bellezza del momento. Quando ebbe finito, decise di riportare il tempo alla normalità e si alzò per tornare a casa.

Da quel giorno in poi, Carlo usò spesso il suo orologio magico per rallentare il tempo e godersi ogni momento della sua vita. E ogni volta che lo faceva, si sentiva felice e contento di essere vivo.

Ma Carlo non riusciva a resistere alla tentazione di usare il suo orologio magico ogni volta che poteva. Cominciò a usarlo sempre più spesso, finché non divenne dipendente dal suo potere di rallentare il tempo.

Un giorno, però, l’orologio smise di funzionare. Carlo era disperato e cercò in tutti i modi di ripararlo, ma non c’era niente da fare. Senza il suo orologio magico, Carlo si sentiva perso e non sapeva come affrontare la vita.

Vendette tutti i suoi beni ed usò il denaro per viaggiare e godersi la vita, anche senza orologio magico.

E così fece, viaggiò per il mondo, visitando posti meravigliosi e incontrando persone interessanti.

Purtroppo il tempo, senza il suo bell’orologio, volava via veloce e presto si ritrovò vecchio e poi morì.

Giancarlo

L’università 

L’università è una bella istituzione.

Anche se insegna insegna più o meno le stesse cose che hanno insegnato le altre scuole, le insegna meglio più approfonditamente, offre maggiore conoscenza e padronanza delle materie, maggiore capacità applicative di queste conoscenze in modo che il laureato trovi un ruolo specifico e migliore in in società.

In questi giorni si completano le iscrizioni all’università e molte università hanno istituito test di ingresso ai loro corsi di laurea, i ritardatari rischiano di non trovare posto, i non ammessi di non poter frequentare l’università o almeno le facoltà che avrebbero voluto frequentare.

Ma è giusto?

Non Penso sia giusto.

 Non penso nemmeno sia costituzionale.
Certamente è una perdita di tempo per tutti.

E’ una perdita di tempo per i ragazzi gli allievi che devono dimostrare di sapere quello per cui poche settimane prima sono stati diplomati. Non penso che i test possano vertere sulle materie da studiare nei corsi a cui si vuol accedere, quindi saranno domande di cultura generale, simili a quelle per cui si è ottenuto il diploma di maturità. (Andate a leggervi qui l’atto normativo si tratta incredibilmente di

  1. La prova di ammissione consiste nella soluzione di ottanta quesiti con cinque opzioni di risposta,
    delle quali il candidato deve individuarne una soltanto, escludendo quelle errate, arbitrarie o meno
    probabili, su argomenti di:
    − teoria/pratica pertinente alle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea magistrale di
    interesse;
    − cultura generale e ragionamento logico;
    − regolamentazione dell’esercizio delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea
    magistrale di interesse e legislazione sanitaria;
    − cultura scientifico-matematica, statistica, informatica e inglese;
    − scienze umane e sociali.

Ma di cosa stiamo parlando, queste cose te le devono ancora in segnare, non puoi studiarle da te in pochi mesi, mentre la cultura generale te la devono forzatamente aver già insegnata altrimenti che ti hanno diplomato a fare?

 E’ una perdita di tempo per le università che devono organizzare i test per ridurre il numero di ingressi anche se a volte si presentano meno persone dei posti disponibili. (Va bene, va bene non a medicina).

Ma cerchiamo di capire il concetto che sta dietro il test di ammissione a l’università.

Non so se ci sia un concetto ne quale sia e non ho neppure voglia ora di verificarlo.

Ma il  concetto di fondo sembra essere quello che solo solo quelli che sono più portati debbano iniziare i corsi universitari. 

Ma come si fa a determinare con un test se sei portato e se sarai un bravo medico? Insomma sembra più ovvio pensare che il concetto sia chi non sa o chi non sa abbastanza deve rimanere ignorante. Nessuna possibilità di ottenere una maggiore istruzione, niente ascensore sociale, niente accesso alla conoscenza, niente… niente di niente.

 Chissà perché questi giovani vogliono andare all’università, provano ad andare all’università, tentano di essere ammessi?

Ritengo probabile che non sappiano abbastanza ed aspirino a sapere di più; perché se sapessero non avrebbero bisogno di studiare ancora, non avrebbero bisogno di umiliarsi ripetendo un esame appena sostenuto, del cui esito non frega evidentemente a nessuno e di cui nessuno si fida richiedendo un test di ammissione suppletivo.

Se sapessero già, perché accedere all’università? Perché farne sostenere i costi alle loro famiglie?

 Allora perché non ammetterli tutti?

La nostra Costituzione recita qualcosa sul diritto allo studio agli articoli 33 e 34:

Art. 33.

L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.

La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.

È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.

Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

L’articolo 33 dice che è previsto un ESAME di STATO per l’ammissione ai vari ordini e gradi di insegnamento o per la conclusione di essi.
Se abbiamo fatto quello di conclusione del ciclo precedente non si deve fare quello di ammissione a l’università, mi pare chiaro, e se non fosse chiaro c’è l’articolo successivo:

Art. 34.

La scuola è aperta a tutti.

L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Non c’è scritto che non potranno fare il medico o l’ingegnere per il numero chiuso in ingresso.

 Il test di ammissione per chi ha sostenuto con successo l’esame di maturità è un sopruso incostituzionale.
VA IMMEDIATAMENTE ABOLITO.

D’altra parte se servono ad esempio mille medici e si ammettono mille studenti, quelli li dobbiamo far diventare tutti medici altrimenti non ne avremo abbastanza, a prescindere dalle loro capacità effettive, che mai potremo valutare nel test di ammissione, prima di aver studiato medicina.

Avremo alcuni dei bravi medici che ci servivano e gli altri saranno come saranno.

Allora per non tirarla troppo alla lunga ognuno si iscriva dove vuole, poi saranno i docenti, con esami veri e non farsa a bocciare quelli impreparati ed incapaci di fare quello che serve a diventare un medico, un avvocato o quello per cui lo studente studia.
Come dite?
Solo i figli di papà andranno avanti?

Può darsi, ma ora chi credete che superi i test di ammissione iniziali? Chi credete che vada vanti?


Dobbiamo offrire, come dice il dettato costituzionale, ad ognuno la chance di raggiungere il grado di conoscenza e l’istruzione che intende raggiungere.

Ma non lo stiamo facendo.
Povera Italia.


Giancarlo

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Povera Italia

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